Marlene Dietrich - Recensione
- ilgiardinoinglese
- 19 mag 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Un piccolo ritratto della diva tedesca più famosa di tutti i tempi: Marlene, la giovane tedesca, figlia di Berlino.
Marlene Dietrich - F. Hessel
56 pag. - Tedesco - 1° edizione 1931
Franz Hessel è uno scrittore, saggista e traduttore tedesco. Fu una delle figure più significative della vita culturale tedesca e parigina dei primi decenni del Novecento ed è stato uno dei primi esponenti tedeschi della flânerie (passeggiare) francese e ci regala un piccolo ritratto di una delle dive più famose di tutti i tempi: Marlene, la giovane tedesca, figlia di Berlino.

Questo libro, è un'ode alla diva Marlene con cui l'autore ha avuto modo di scambiare un breve incontro nella sua casa a Berlino, più precisamente nella stanza della figlia di Marlene, di cui parlerà solo alla fine. Nel 1931, quando Hessel scrive questo ritratto, la Dietrich è già conosciuta per il film L'Angelo Azzurro, ma non ancora all'apice della sua carriera (recita dal 1919 al 1978).
L'autore la descrive restituendone un'immagine viva e vivida, cogliendo quei tratti caratteriali che poi si potranno ritrovare nei ruoli da lei interpretati. La dipinge magnetica e versatile, capace di incantare i Berlinesi e il mondo intero.

La descrizione che ne risulta non sarà comunque quella della super vamp conscia di compiere stragi senza ritorno di cuori e di uomini, ma troverete una donna dal magnetismo inconsapevole, genuino, quasi verginale e del tutto involontario. Una bambina che non si curava di stare al centro dell'attenzione, ma che aveva scoperto il talento e la passione per la musica e che scoprirà il teatro successivamente.
Infine, la diva, la femme fatale, la accalappiauomini Marlene (lo pseudomino che tutti conosciamo), si scopre essere, come spesso accade e accade semplicemente, la donna, la madre, la vulnerabile, la malinconica Marie Magdalene.
«In questa scena è stato possibile scorgere molti volti che non abbiamo potuto conoscere da nessuno dei suoi ruoli. “Che cosa sappiamo di questa donna?”, mi sono chiesto. È il destino e forse anche un po' il lavoro delle grandi attrici del cinema, quello di essere confuse con i personaggi che interpretano»


Un'attrice e cantante, dalla voce ammaliante e sensualissima, una donna sovversiva per i suoi tempi (amò quasi dichiaratamente Edith Piaf), che ho sempre ammirato. Ricordo la foto scattata in pantaloni, vero scandalo per quegli anni che una donna li indossasse (qui a sx); negli anni li vestirà spesso con lo stile maschile che tutt'oggi è di moda.
Vado pazza per i film "vecchi", americani o europei poco importa, qui però non viene descritta la performer, l'artista, anche se vengono delineati piccoli appunti sul suo modo di lavorare; era una stacanovista, con una resistenza fisica pazzesca, poteva provare per ore e ore fino al raggiungimento della perfezione, qualità e punto di arrivo che pretendeva dagli altri quanto da sè stessa.
"La professionalità e la determinazione della Dietrich sul set erano proverbiali. Con la disciplina essa pretendeva da sé stessa un'interpretazione perfetta, che andasse a coprire eventuali pecche sul profilo dell'interpretazione drammatica. In Capriccio spagnolo, ad esempio, (il regista) Sternberg aveva ideato la scena di presentazione di un personaggio, con il primo piano di un palloncino che scoppia e mostra il volto della diva. Le venne richiesto di restare impassibile allo scoppio del palloncino, evitando il riflesso naturale di sbattere le palpebre: Marlene si sottopose a prove estenuanti, ma alla fine riuscì ad eseguire, come sempre, la corretta performance." - Wikipedia

Un volto iconico, dalla fronte larga e spaziosa, gli occhi così lontani l'uno dall'altro ma dallo sguardo così penetrante, una classe dal tipico contegno tedesco dell'epoca.
In mezz'ora di lettura ho letto un leggero e piacevole omaggio sognante, un brevissimo ritratto dell'artista prima che per il mondo diventasse Marlene Dietrich.
Cinquantasei pagine come piccolo e garbato invito ad approfondire la conoscenza dell'Angelo Azzurro.
Veronica
PICCOLO APPROFONDIMENTO SULLA FLANERIE
Attorno al 1850, Baudelaire sosteneva che l'arte tradizionale era inadeguata per le nuove e dinamiche complicazioni della vita moderna. I cambiamenti sociali ed economici portati dall'industrializzazione richiedevano che l'artista s'immergesse nella metropoli e diventasse, per usare le parole di Baudelaire, "un botanico del marciapiede", un conoscitore analitico del tessuto urbano. Poiché coniò il termine riferendosi ai parigini, il flâneur (colui che bighellona/passeggia) e la flânerie (il bighellonare/passeggiare/vagare) sono associati sia a Parigi sia a Napoli e con quel tipo di ambiente, che lascia spazio all'esplorazione non affrettata e libera da programmi.
Il flâneur è tipicamente molto consapevole del suo comportamento pigro e privo di urgenza: per esemplificare questa sua caratteristica umorale, era descritto come "uno che porta al guinzaglio delle tartarughe lungo le vie di Parigi.
Consigliato per appassionati di:
Biografie
Quarta di copertina:
"Che interpreti una dama o una prostituta, una conquistatrice o una vittima, Marlene Dietrich incarna sempre un sogno universale". Così Franz Hessel rivela al lettore la sua totale ammirazione verso la Dietrich, che ebbe occasione di incontrare a Berlino nel 1931, quando l'attrice era tornata nella sua città dopo i primi successi a Hollywood. Nelle pagine di questo breve ritratto, inedito in Italia, Hessel riesce a restituire un'immagine valida allora come oggi, cogliendone con acume e lungimiranza le caratteristiche che i ruoli e i film successivi avrebbero poi confermato. Nella prosa di cui è maestro, l'autore guarda l'attrice con occhi affascinati e sedotti, a volte teneramente ingenui. Nello charme che l'ha resa celebre, Hessel sa riconoscere con intelligente sensibilità non tanto i tratti della vamp ma la bellezza e la levatura dell'artista. Infine, a chiusura di questo breve omaggio, l'intellettuale ammirato rivela l'incontro personale, e descrive non più la diva ma la donna e la madre cui ha fatto visita a Berlino. A vent'anni dalla morte dell'attrice tedesca, il lettore non tarderà a trovare tra le righe di questo libro, assieme al sorriso ammiccante della Lola Lola del'Angelo cimurro, lo spirito di un'intera epoca, che sperimenta la crescita del mondo patinato del cinema mentre si prepara, ignara e sognante, agli anni più difficili e cupi del Novecento.
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