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Short Review: Abbiamo sempre vissuto nel castello

  • ilgiardinoinglese
  • 23 nov 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Una storia garbata e folle e piccola nel suo immenso malessere psicologico. La Jackson è una collana di perle in un cassetto che non ha bisogno di essere sfoggiata per essere amata.



Abbiamo sempre vissuto nel castello - Shirley Jackson - Adelphi editore

_ pag. 182 _ Americana _ 1° ediz. 1962


Due sorelle, un gatto e uno zio scordarello, in una casa troppo grande e lussuosa ormai per la loro situazione economica, sociale e familiare decadente.

Una storia travestita da commedia ma subdolamente disturbante, all’inizio scorre lenta, e assume caratteristiche a tratti romantiche, altre volte delicate e altre ancora terrificanti.

Una famiglia additata in paese per un evento tragico avvenuto in quella casa anni prima con protagonisti mirtilli, zucchero e arsenico.

E fuoco.


Troverete tanta solitudine, angoscia, invisibilità, dicerie, buio, cibo, abitudine, alberi, e infine, anche una piccola dose di pentimento e di rivincita, in un certo qual modo.

Una tragedia, poi un colpo di scena rilevatore e infine tanta tenerezza per queste sorelle che hanno sempre vissuto nel buio del loro castello.


"A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce”; con questa dedica si apre “L’Incendiaria” di Stephen King.

Una storia garbata e folle e piccola nel suo immenso malessere psicologico. La Jackson è una collana di perle in un cassetto che non ha bisogno di essere sfoggiata per essere amata.


Consigliato per appassionati di:

Noir - Thriller senza fretta


Quarta di copertina

È con toni sommessi e deliziosamente sardonici che la diciottenne Mary Katherine ci racconta della grande casa avita dove vive reclusa, in uno stato di idilliaca felicità, con la bellissima sorella Constance e uno zio invalido. Non ci sarebbe nulla di strano nella loro passione per i minuti riti quotidiani, la buona cucina e il giardinaggio, se non fosse che tutti gli altri membri della famiglia Blackwood sono morti avvelenati sei anni prima, seduti a tavola, proprio lì in sala da pranzo. E quando in tanta armonia irrompe l’Estraneo (nella persona del cugino Charles), si snoda sotto i nostri occhi, con piccoli tocchi stregoneschi, una storia sottilmente perturbante che ha le ingannevoli caratteristiche formali di una commedia. Ma il malessere che ci invade via via, disorientandoci, ricorda molto da vicino i «brividi silenziosi e cumulativi» che – per usare le parole di un’ammiratrice, Dorothy Parker – abbiamo provato leggendo La lotteria. Perché anche in queste pagine Shirley Jackson si dimostra somma maestra del Male – un Male tanto più allarmante in quanto non circoscritto ai ‘cattivi’, ma come sotteso alla vita stessa, e riscattato solo da piccoli miracoli di follia.

 

C'è poco da dire, l'ho trovato ansiogeno nella sua calma... mi è piaciuto quindi moltissimo!


Veronica

 

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Dipinti in questo post:

"Good morning" di Harrington Mann (1864/1937) e anonimo.

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